La Nigeria: la sventura del petrolio Parte I

By intothepot, 07/13/2014

La Nigeria ha fatto della corruzione il suo stile di vita: Transparency International l’ha collocata al 144° posto su 177 dei Paesi più corrotti al Mondo.

La corruzione si è ben infiltrata e va a toccare poliziotti, politici e magistrati.

400 miliardi sono i dollari che, dal giorno dell’indipendenza nigeriana (1 Ottobre 1960) ad oggi, sono finiti in mani di persone corrotte. Scusate per la parola “persone”.

Goodluck Jonathan, Presidente in carica, in tema di corruzione, sta seguendo le orme dei suoi predecessori, così come i ministri, fra i quali vi è colei che gestisce la più grande parte degli introiti dello Stato, ovvero quelli relativi al petrolio: Diezani Madueke è attualmente il ministro verso cui si punta il dito, ma nessuno ha intenzione di indagare sulle accuse di corruzione; al Presidente non importa, tanto è corrotto anche lui.

La vendita dei diritti di sfruttamento di diversi giacimenti con riserve, la cui stima è pari a 9 miliardi di barili di greggio, è stata annullata da una commissione d’inchiesta del Parlamento nigeriano, lo scorso Febbraio (2014). Inizialmente, il diritto di sfruttamento era stato destinato alla MALABU OIL, per poi essere acquistato dalla ENI (società italiana), attraverso l’AGIP, per mezzo della SHELL. (Bel rompicapo)

I famosi nove miliardi di dollari sono passati, prima, fra le mani delle autorità nigeriane, e poi fra quelle della Malabu Oil, società che ha sapientemente fatto cambiare rotta alle somma di denaro, facendola finire su diversi conti intestati a dei prestanome. Così, come per magia, nove miliardi sono spariti e nessuno sa nulla. Chissà se ci saranno dei risvolti. Per il momento, le mosse successive non sono note.

602-0-20120110_170112_DE642C37

In Nigeria, tutto ruota intorno al petrolio e al gas, che costituiscono ben il 95% degli introiti di valuta pregiata dello Stato. L’incasso derivante dal petrolio e dal gas nutre l’apparato amministrativo, che a sua volta nutre la corruzione.

I ricavi dell’immensa ricchezza petrolifera si aggirano, annualmente, intorno ai 100 miliardi di dollari, i quali serviranno, sistematicamente, ad appagare i bisogni e le esigenze di pochi “fortunati”, lasciando il Paese più popoloso dell’Africa vivere nella totale povertà, infatti ben il 70% della popolazione nigeriana vive nell’indigenza, patendo la fame. Il 15% della popolazione possiede più della metà dell’intera ricchezza del Paese, mentre il restante vive nella miseria, con meno di due dollari al giorno.

Le infrastrutture nigeriane sono, a dir poco, grossolane e fatiscenti e l’industria è, di fatto, assente. Così, ancora una volta, il petrolio ha scritto la parola “fine” sulla vita di un intero Paese africano. Il petrolio non fa mangiare nessuno (se non le compagnie petrolifere) e la popolazione residente in quel territorio così ricco di esso, muore di fame.

L’ingiusta distribuzione della ricchezza, la disuguaglianza e il dislivello economico che si è creato, stanno portando inevitabilmente ad atti di rivolte e di terrorismo, come quello di matrice islamica BOKO HARAM.

La federazione della repubblica di Nigeria è costituita da 36 Stati, fra cui quello di Sokoto (geograficamente a nord), dove il tasso di disoccupazione supera l’80%, mentre nel sud, dove sono presenti i giacimenti di petrolio, la disoccupazione si avvicina al 50%.

L’insoddisfazione sociale, l’inquietudine della popolazione povera, porta ad un rancore generale che fa nascere conflitti e rivolte, in chiave religiosa, ma l’origine è chiaramente economica e sociale. L’inappagamento sociale, la sofferenza e la povertà generano incomprensioni e malumori e così il conflitto diventa reale.

Nord: BOKO HARAM, di matrice islamica. L’Islam diventa un mezzo per veicolare tutto il malessere ed il disagio delle popolazioni del Nord della Nigeria.

Sud (nel delta del fiume Niger): MEND, il quale non ha una connotazione religiosa, ma la cui maggioranza di militanti sono cristiani. Vengono rivendicati i diritti della popolazione del Delta del Niger ad avere introiti più alti dallo sfruttamento dei pozzi di petrolio, presenti in quelle aeree.

Nel 2009, furono promessi degli aiuti economici da parte del governo federale, che purtroppo non giunsero mai a destinazione. Quindi, nel 2013, ripresero i combattimenti e le rivolte. La lotta armata del MEND è finanziata, da un lato, per mezzo di rapimenti ed estorsioni a scapito del personale straniero delle compagnie petrolifere attive sul territorio, e dall’altro, è finanziata grazie al contrabbando di petrolio greggio, rubato dagli oleodotti presenti lungo la foresta nigeriana. La ripresa della lotta del MEND è stata anche dovuta alla ventennale condanna di carcere, in Sudafrica, del suo storico leader Henry Okah.

*To be continued*

 

What do you think?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.